Pino Cacozza

Giuseppe Cacozza (Pino Cacozza – Zef Kakoca) è nato a San Demetrio Corone (Shën Miter) il 27 Settembre 1957.

Ha seguito gli studi classici presso il Collegio di Sant’ Adriano e ha conseguito la laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università della Calabria nel 1980.

Linguista, letterato, scrittore, poeta, attore e cantautore dell’Arbëria.

Ha svolto e continua a svolgere attività culturali, artistiche, canore e teatrali in tutte le comunità arbëreshe, in Albania, in Macedonia, in Montenegro, in numerose città e località d’Italia e all’estero.

Questo il suo primo libro con Infinity.

Il recital “I percorsi dell’Arberia”, ovvero “Udhëtimet e Arbërisë”, di Pino Cacozza sviluppa le problematiche esistenziali della minoranza linguistica storica albanese, presente nell’Italia centro meridionale da oltre 5 secoli. Utilizzando pochi, ma significativi strumenti scenici, con un susseguirsi di monologhi, dialoghi e canzoni, alternando momenti seri, ironici, satirici e passionali, l’autore spiega gli eventi, illustra le difficoltà di integrazione, i problemi dell’esistenza, gli ostacoli d’una globalizzazione imperante, cerca proposte dagli incontri con le figure fondamentali del ‘900 italo-albanese, si àncora nella speranza d’una sopravvivenza derivante dalla cultura del confronto e della contaminazione positiva, ripercorre in definitiva le tappe salienti che hanno permesso agli “arbëreshë” di inserirsi a pieno titolo nella Storia d’Italia, contribuendo alla sua nascita, alla sua formazione e al suo sviluppo.L’opera, collocata nel filone del teatro all’aperto, con una scenografia volutamente “povera”, pur snodandosi in una ora intensa di spettacolo e con la presenza dell’attore unico in scena, tiene il pubblico inchiodato alla poltrona, attento a non perdere una virgola e a seguire i testi recitati in un albanese nostrano e arricchito dalla lingua letteraria e da neologismi. Gli elementi scenografici sono significativi: la lanterna sempre accesa come espressione di ricerca e di speranza, la sedia come desiderio di insediamento e di sistemazione, il mantello come protezione dalle intemperie e dalla fragilità, la valigia per non dimenticare l’importanza del viaggio e il fazzoletto rosso per raccogliere le lacrime e per avviare la danza etnica della “vallja”, nel dolore e nella gioia per un popolo che crede ancora nel miracolo della sopravvivenza. Alla fine dell’opera l’attore viene circondato dal pubblico, come per protezione, per condivisione, per diventare una forza sola. E l’emozione regna sovrana. «Per un’ora» dice lo stesso autore «sono solo in scena a parlare, cantare, recitare, mimare e nessuno si annoia, nessuno si alza, tutti rimangono a seguirmi fino alla fine, anche coloro che non capiscono una parola. Sapete perché? Sapete qual è il legame che permette tutto questo? Lo dico con sincerità, è il forte sentimento emotivo che io provo nel fare ciò che faccio e che il pubblico avverte e fa suo, creando un intenso momento di emozione collettiva. Ed è proprio questo sentimento che io considero fondamentale per la nostra esistenza come “cultura etnica”. In quel momento io sento di essere arbëresh e tutti, indistintamente tutti, anche coloro che non lo sono, sentono di esserlo.»

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Il Recital dal titolo Rrënjat e Arbërisë (Le radici dell’Arbria), ideato e realizzato da Pino Cacozza, ci riporta alla mente il ruolo dei Rapsodi dell’antichità, quei personaggi centrali della vita culturale di una popolazione, i quali, avendo ricevuto in eredità il patrimonio tradizionale, fatto dei valori, della visione della vita, della mentalità del proprio popolo, svolgevano il ruolo di tutori e trasmettitori alle nuove generazioni della cultura che all’epoca veniva trasmessa oralmente attraverso i testi poetici cantati e accompagnati dallo strumento musicale.

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